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Il welfare aziendale non è “taglia unica”

Non esiste una formula magica universalmente valida. Ogni azienda è un catalizzatore di esigenze, priorità e dettami caratterizzanti: per questo il nostro approccio è prima di tutto “listen-first”.

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Queste sono le prime 30 domande ricorrenti sul welfare, fatte nel 2024 su Google.

E NOI vi diamo le risposte:

1. Che cosa è il welfare aziendale?

In poche parole, il welfare è l’insieme delle misure e dei servizi che hanno l’obiettivo di aiutare le persone a vivere meglio il lavoro e di conseguenza migliorare il proprio stile di vita personale. Quando il datore di lavoro riesce a migliorare le condizioni dei propri lavoratori nelle aree che rientrano nel welfare aziendale allora si può apprezzare un miglioramento complessivo all’interno ed all’esterno del mondo lavorativo.

Le macroaree del welfare sono: la salute, il sostegno economico, la formazione, la cura dei figli o dei genitori anziani e la previdenza complementare. È tutto ciò che serve a rendere la vita lavorativa e privata più serena, garantendo un equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero.

Quando parliamo di welfare, immaginiamo un aiuto concreto, uno strumento che permette di migliorare la qualità della vita di tutti, sia sul lavoro che fuori garantendo anche un potere d’acquisto maggiore alle persone.

2. Cosa intendiamo per welfare?

Spesso quando diciamo “welfare” pensiamo subito a buoni pasto o a qualche sconto. In realtà, quando parliamo di welfare in un’azienda, intendiamo un insieme più ampio di soluzioni.

Creare welfare in azienda significa pianificare e offrire ai lavoratori servizi come assicurazioni sanitarie integrative, piani pensionistici, sostegno alla genitorialità, corsi di formazione e aggiornamento professionale, ma anche servizi ricreativi o culturali. In sintesi, il welfare è un modo per far sentire le persone supportate sotto diversi aspetti, non solo economici. È un approccio globale, che guarda alla persona nella sua totalità.

Da un punto di vista pratico e legato all’aspetto economico, attraverso il welfare si può gratificare economicamente un lavoratore non con il denaro ma con beni e servizi.

3. Come spiegare il welfare?

Per spiegare bene il welfare, pensa a una cassetta degli attrezzi piena di strumenti per migliorare il tuo benessere. Dentro questa “cassetta” trovi, per esempio, il bonus per i libri scolastici dei tuoi figli, un contributo per la retta dell’asilo, la possibilità di fare visite mediche specialistiche senza spendere una fortuna o corsi di formazione per imparare nuove competenze.

Ogni persona può scegliere cosa gli serve di più, in base alle proprie necessità e al momento della vita in cui si trova. Il welfare, quindi, è un insieme di soluzioni concrete: niente discorsi complicati, ma aiuti tangibili che migliorano la quotidianità.

Non può esistere uno strumento utile per tutti, nel welfare confluiscono beni, servizi e modalità lavorative che possono migliorare la qualità lavorativa e di vita delle persone, basta solo trovare la giusta esigenza e soddisfarla con il welfare in azienda.

4. Quali sono i servizi del welfare?

I servizi del welfare possono essere molto diversi tra loro. Vediamo alcuni esempi pratici.

Da un punto di vista lavorativo, ci sono contributi per la formazione, bonus per l’acquisto di abbonamenti ai mezzi pubblici, buoni acquisto per i beni più diversi, possibilità di rimborso per spese sanitarie sostenute o per spese relative alla vita scolastica dei propri figli, inoltre ci sono soluzioni per poter acquistare viaggi, vacanze o eventi di ogni tipo in ambito tempo libero.

Sul piano personale e familiare, nello specifico troviamo il rimborso per spese mediche, sostegno per le rette degli asili nido, borse di studio per i figli, assistenza per familiari non autosufficienti, e perfino convenzioni con palestre o centri benessere. Inoltre, sempre più spesso le aziende offrono servizi di consulenza psicologica o supporto nella gestione del tempo e dello stress.

Insomma, un mix di strumenti per stare meglio e vivere la vita lavorativa con più serenità.

5. Chi ha diritto al welfare 2024?

Nel 2024, chi ha diritto al welfare dipende dalle regole stabilite dal datore di lavoro, dai contratti collettivi nazionali e dalla normativa vigente. Le regole per definire un lavoratore beneficiario del welfare nella propria azienda vengono stabilite al livello collettivo ed ogni lavoratore potrà verificare, non solo l’esistenza di un piano di welfare aziendale, ma anche ogni singola regola presente nel documento che lo disciplina in azienda.

In azienda il welfare potrà essere previsto:

  • Da CCNL applicato;
  • Da un Regolamento aziendale;
  • Da un Contratto aziendale firmato con i sindacati.

È importante controllare le policy interne dell’azienda, i contratti di categoria e gli accordi sindacali in vigore. In molti casi anche familiari e conviventi dei lavoratori possono usufruire di determinati servizi di welfare.

Quindi, il primo passo è informarsi: chiedi al tuo datore di lavoro, al tuo consulente del lavoro o al rappresentante sindacale se puoi accedere a questi vantaggi.

6. Cosa si intende per sistema di welfare?

Quando parliamo di “sistema di welfare”, ci riferiamo a un insieme organizzato di politiche, servizi e prestazioni che mirano a sostenere i lavoratori e le loro famiglie. Un sistema di welfare si può creare in azienda grazie a documenti che ne disciplinano il funzionamento e che hanno effetti sull’intera popolazione aziendale. Non sempre tutti i lavoratori sono destinatari delle politiche di welfare ma spesso si.

Non è solo una somma di singoli benefici, ma un vero e proprio ecosistema pensato per garantire salute, benessere, formazione e sicurezza economica. Un sistema di welfare può coinvolgere l’azienda, lo Stato, gli enti pubblici, le assicurazioni integrative, le associazioni e le fondazioni. L’obiettivo è offrire sostegno a 360 gradi, favorendo l’equilibrio tra vita professionale e privata.

7. Perché nasce il welfare?

Il welfare nasce per rispondere a esigenze concrete: ridurre le disuguaglianze, sostenere chi è in difficoltà, migliorare la qualità della vita di lavoratori e cittadini.

Storicamente, si è sviluppato per proteggere le persone da rischi come la perdita del lavoro, la malattia o le spese sanitarie elevate. Col tempo, le aziende hanno capito che offrire servizi di welfare è un investimento che crea un ambiente di lavoro più sano e produttivo, riduce il turnover e aumenta la soddisfazione dei dipendenti.

C’è poi l’aspetto economico legato al welfare ed al beneficio di vedere aumentato il potere d’acquisto grazie alla percezione di beni e servizi in luogo di denaro. Sulla retribuzione in denaro percepita gravano somme a titolo di contributi ed imposte che sugli importi a titolo di welfare invece tali trattenute non ci sono.

8. Chi paga il welfare?

Quando parliamo di welfare aziendale è l’azienda a pagare il welfare che crea, sono costi che sostiene nell’interesse del benessere dei propri lavoratori e nell’ottica del risparmio dei costi sul lavoro.

Le aziende che investono in servizi aggiuntivi per i loro dipendenti lo fanno solitamente in: buoni pasto, rimborsi spese sanitarie, assicurazioni integrative, spese per tempo libero e tanto altro. Insomma, il welfare si sostiene grazie a una combinazione di risorse private aziendali.

9. Chi rientra nel welfare?

Spesso il welfare è pensato per tutti i dipendenti di un’azienda, senza distinzioni di ruolo o livello. Alcuni piani aziendali prevedono che i destinatari siano solo alcuni dei lavoratori individuati nel regolamento aziendale o nel contratto aziendale di secondo livello, ben distinti per categorie omogenee.

Per capire chi rientra o meno come destinatario del welfare in azienda, basterà documentarsi e chiedendo in azienda se esiste un piano di welfare oppure leggendo il CCNL applicato e se tale contratto collettivo preveda una somma a titolo di welfare spendibile per beni e servizi. L’idea è che il welfare non sia un privilegio di pochi, ma un sistema di supporto disponibile per il maggior numero possibile di persone.

10. Cosa guadagna l’azienda con il welfare?

Un’azienda che investe in welfare guadagna molto più di quanto spenda e questo perché i benefici in termini di benessere dei propri collaboratori sono maggiori rispetto al costo.

Prima di tutto, perché migliora l’ambiente di lavoro: i dipendenti si sentono apprezzati, supportati e più motivati. Questo porta a una riduzione dei tassi di turnover, maggior coinvolgimento e produttività.

Inoltre, offrire servizi di welfare è un modo per attrarre nuovi talenti, distinguersi dalla concorrenza e, in alcuni casi, beneficiare di vantaggi fiscali. In breve, il welfare è un investimento sul benessere delle persone che produce benefici anche per l’impresa.

Inoltre c’è il discorso del risparmio sul costo del lavoro che deriva dalla remunerazione in denaro, riconoscere beni e servizi permette al datore di lavoro di erogare valore senza che esse aumenti il reddito in capo al lavoratore con conseguente risparmio di contributi e costi connessi.

11. Quali sono i settori del welfare?

I settori del welfare sono tanti. Ci sono servizi legati alla salute, come assicurazioni mediche o convenzioni con strutture sanitarie.

Poi l’area della famiglia e della cura dei figli o degli anziani. Ci sono i servizi educativi e formativi, come corsi, borse di studio o contributi per l’asilo.

Non mancano i servizi legati al tempo libero, allo sport, alla cultura. Infine, ambiti come la previdenza complementare o il supporto psicologico. Insomma, il welfare può toccare quasi ogni aspetto della vita quotidiana.

12. Come funziona il welfare in busta paga?

In molti casi, i servizi di welfare non vengono erogati come denaro, ma sotto forma di benefit specifici, come buoni, voucher, rimborsi spese o crediti da utilizzare presso fornitori convenzionati.

Quando si parla di welfare in busta paga, spesso si tratta di un importo destinato a servizi e non tassato come il normale stipendio, il lavoratore destinatario di un bene o servizio, troverà in busta paga l’importo goduto ma che verrà indicato ai soli fini figurativi, senza impatto su netto in busta, contribuzione o imposte.

Nei casi previsti dalla Legge di importo documentato e rimborsato invece, il lavoratore si vedrà rimborsare la somma spesa ed autorizzata nel primo cedolino utile dopo la sua richiesta. Questo è l’unico caso di importo in busta paga che avrà un impatto, ma solo sul netto in busta senza gravare su contributi ed imposte.

Il risultato? Un potere d’acquisto più alto, perché i servizi forniti non subiscono le stesse trattenute fiscali dello stipendio.

13. Quali sono le 3 direttrici su cui si basa un piano di welfare?

Un piano di welfare si basa generalmente su tre direttrici principali:

  1. Benessere economico: servizi che aiutano a risparmiare, come buoni pasto, rimborsi spese o contributi scolastici.
  2. Benessere sociale e familiare: sostegno alla genitorialità, assistenza agli anziani, servizi di cura e supporto.
  3. Benessere personale e professionale: formazione continua, attività di prevenzione sanitaria, consulenza psicologica.

Queste tre linee guida assicurano un approccio completo al benessere del lavoratore. Un piano di welfare aziendale ben strutturato deve soddisfare le esigenze della collettività e garantire al singolo l’accesso ai benefits più graditi.

Le direttrici sono frutto di ciò che prevede la normativa ma non sarà difficile trovare il soddisfacimento del singolo lavoratore grazie all’ampiezza del paniere di beni e servizi.

14. Quando danno i buoni welfare 2024?

La data di erogazione dei buoni welfare può variare in base all’azienda e agli accordi presi. Alcune aziende li distribuiscono all’inizio dell’anno, altre a metà, altre ancora alla fine, magari come parte di un piano di premi.

Il consiglio? Controlla il tuo contratto o chiedi direttamente al responsabile delle risorse umane. Ogni realtà ha il suo calendario.

E se si fa riferimento al welfare previsto dal CCNL allora i termini per l’erogazione sono previsti dal contratto collettivo stesso.

15. Quando il welfare è obbligatorio?

Il welfare non è sempre obbligatorio. Alcune forme di welfare sono previste da contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), che stabiliscono determinati servizi come parte integrante della retribuzione. In questo caso, l’azienda deve rispettare quanto stabilito. In altre situazioni, il welfare è una scelta volontaria dell’impresa.

Quindi, l’obbligo dipende da leggi, contratti collettivi, regolamenti o accordi sindacali specifici.
Quando in azienda esiste un regolamento che prevede l’erogazione di somme a titolo di welfare aziendali allora tale impegno diventa un obbligo per l’azienda stessa ed un diritto per i destinatari del piano.

16. Quali vantaggi per il datore di lavoro?

Il datore di lavoro può trarre vantaggi molto concreti dal welfare:

  • Migliore clima aziendale e minor turnover.
  • Maggior attrattività per nuovi talenti.
  • Riduzione delle assenze.
  • Possibili vantaggi fiscali.

In sostanza, un’azienda con un buon piano di welfare è più competitiva, produttiva e riconosciuta come un ottimo luogo di lavoro.

I vantaggi sono legati al fatto che le somme riconosciute come welfare non concorrono a formare reddito in capo ai percettori e non generano, in capo al datore stesso, costi di contribuzione o altri costi connessi alla retribuzione.

17. A cosa serve il welfare?

Il welfare serve a migliorare la qualità della vita di chi lavora e della sua famiglia. Permette di avere sostegni economici, sanitari, formativi e di conciliare meglio gli impegni lavorativi con quelli personali. In poche parole, aiuta le persone a stare meglio, ad affrontare momenti di difficoltà e a crescere professionalmente.

Da un punto di vista meramente economico il welfare, inteso come insieme di benefits, serve ad aumentare il potere d’acquisto delle persone che ne percepiscono i benefici ed a risparmiare costi per il datore di lavoro.

18. Chi non ha diritto al welfare?

Non è che qualcuno “non ha diritto” in senso assoluto. Semplicemente dipende dalle regole applicate in ogni contesto.

Alcuni piani di welfare aziendale potrebbero escludere, ad esempio, i collaboratori o i lavoratori con contratti molto brevi. Inoltre, chi non lavora o chi non rientra in determinate categorie previste dal piano di welfare, potrebbe non usufruirne.

In ogni caso, è sempre bene verificare con attenzione le condizioni del proprio contratto di lavoro e dei regolamenti presenti in azienda.

19. Quanto è il massimo di welfare?

Non esiste un “massimo” universalmente fissato, perché dipende dalle politiche aziendali, dai contratti collettivi e dalla legislazione in vigore.

I benefits possono essere divisi in due macrocategorie:

  • I fringe benefits
  • I flexible benefits

I fringe benefits hanno i limiti previsti dalla Legge in base al tipo di strumento, i buoni pasto hanno limiti giornalieri di esenzione, i buoni spesa hanno limiti annuali e così via.

I flexible benefits che rappresentano tutto il mondo di beni e servizi del welfare aziendale, non hanno un limite massimo oltre il quale perdono la loro peculiarità di non concorrere al reddito da lavoro e quindi essere esenti da contribuzione ed imposte.

Di solito, le aziende comunicano ai dipendenti qual è il tetto massimo di spesa o di benefit di cui possono usufruire.

20. Quali sono gli svantaggi del welfare aziendale?

Anche il welfare aziendale può avere dei limiti. Alcuni servizi potrebbero non essere utilizzati da tutti, risultando poco adatti a chi ha esigenze diverse.

In alcuni casi, se il welfare sostituisce parte dello stipendio in forma monetaria, il dipendente potrebbe preferire il denaro. Inoltre, se non ben gestito, il welfare può generare confusione o spese aggiuntive per l’azienda. La chiave è una buona progettazione, per minimizzare gli svantaggi e massimizzare la soddisfazione delle persone.

Il vantaggio di costruire un buon piano di welfare aziendale sta nel diventare credibili ed unici agli occhi dei propri lavoratori, consapevoli che il proprio datore di lavoro sta mettendo in atto un atteggiamento positivo e partecipativo.

Il segreto sta tutto nella comunicazione e nel come viene spiegato e presentato alle persone, vere protagoniste di un piano di welfare vincente.

21. Quanto costa un dipendente che prende 3.000 euro?

Il costo di un dipendente che guadagna 3.000 euro lordi mensili non si limita a quel valore. L’azienda deve considerare i contributi previdenziali, assicurativi, la tredicesima, l’eventuale TFR e altri oneri. Complessivamente, il costo per l’impresa può crescere in modo significativo, arrivando anche a raddoppiare la cifra netta percepita dal dipendente. Il welfare aziendale, in alcuni casi, può aiutare a ottimizzare questi costi, grazie a vantaggi fiscali.

Il vantaggio sta nella non concorrenza al reddito, quei 3.000 euro potrebbero rappresentare il costo finito per l’azienda e tramutarsi in importo spendibile per il lavoratore invece di essere decurtati di una percentuale, che dipende dal livello di reddito complessivo, che può arrivare anche al 40%/50%.

22. In che mese viene erogato il welfare aziendale?

Non c’è un mese fisso per l’erogazione del welfare aziendale. Alcune aziende lo erogano a inizio anno, altre in momenti strategici, ad esempio prima dell’estate o a fine anno, come forma di “bonus” natalizio, dipende dal documento che regola tale erogazione e può essere:

  • il CCNL;
  • il regolamento aziendale;
  • il contratto di secondo livello aziendale.

L’importante è verificare le regole interne all’azienda o chiedere alle risorse umane. Ogni realtà adotta la propria tempistica.

23. Quali CCNL prevedono il welfare?

Non esiste un unico CCNL che preveda il welfare, ma molti contratti collettivi nazionali di lavoro ormai lo includono. Ad esempio, è comune nel settore metalmeccanico, del credito e dell’industria alimentare. L’elenco è in continua evoluzione, perché sempre più settori introducono misure di welfare per i propri lavoratori.

Per sapere se il tuo CCNL lo prevede, controlla il testo del contratto o chiedi a un consulente del lavoro.

24. Chi gestisce il welfare?

La gestione del welfare può essere affidata all’azienda stessa, tramite l’ufficio risorse umane, oppure a società specializzate esterne, note come provider di welfare.

Questi provider si occupano di trovare i fornitori di servizi, gestire le piattaforme per i buoni, i rimborsi e i voucher. In ogni caso, il datore di lavoro, le risorse umane e i consulenti del lavoro collaborano per garantire che i servizi siano chiari, semplici da utilizzare e in linea con le normative.

25. Perché conviene il welfare aziendale?

Il welfare aziendale conviene perché offre vantaggi sia ai dipendenti che all’azienda. I lavoratori ricevono servizi di valore e risparmi tangibili, l’azienda migliora l’ambiente di lavoro, aumenta la fidelizzazione e può ottenere agevolazioni fiscali. In altre parole, è una strategia win-win: vince il lavoratore, vince l’impresa.

26. Come convertire i buoni welfare in soldi?

Nella maggior parte dei casi, i buoni welfare non possono essere semplicemente convertiti in denaro contante, perché perderebbero i vantaggi fiscali che li rendono convenienti.

Se hai dei crediti welfare, dovrai spenderli per i servizi previsti dal piano (sport, salute, istruzione, trasporti…). Alcuni piani possono prevedere una certa flessibilità, ma di solito l’idea è usufruire dei servizi, non incassare i soldi.

27. Come premiare i dipendenti?

Premiare i dipendenti non significa solo dare bonus in denaro. Puoi offrire corsi di formazione, buoni per attività sportive, convenzioni con asili, assicurazioni sanitarie integrative, ingressi a musei o teatri, abbonamenti ai mezzi pubblici. Il welfare permette di trovare premi personalizzati che rispondono alle reali esigenze delle persone, rendendo più efficace il riconoscimento del loro lavoro.

L’unica cosa da rispettare è quella di non premiare per performance individuali ma premiare il lavoratore per obiettivi aziendali centrati grazie al lavoro di tutto il gruppo.

Primalità individuali possono essere oggetto di un piano premiale in denaro che, a sua volta, potrà essere convertito in welfare ma presuppone la costruzione di un accordo aziendale premiale e di un regolamento welfare.

28. Che differenza c’è tra welfare e fringe benefit?

Il welfare e i fringe benefit sono entrambi vantaggi offerti ai dipendenti. I fringe benefit sono beni o servizi concessi dal datore di lavoro, come auto aziendale, telefono o alloggio e possiamo includerli in un concetto più ampio di welfare.

Senza dubbi possiamo affermare che i fringe benefits sono parte del welfare.

Il welfare è più ampio, comprende un insieme di misure che migliorano il benessere complessivo: sanità integrativa, corsi di formazione, assistenza familiare. In sintesi, i fringe benefit sono spesso un singolo vantaggio “materiale”, mentre il welfare è un pacchetto più strutturato, mirato al benessere a lungo termine che include i così detti flexible benefits a completamento del paniere di beni e servizi spendibili tramite un buon piano di welfare aziendale.

29. Quando viene dato il welfare 2024?

Non esiste una data fissa per tutti. Il welfare 2024 può essere erogato in momenti diversi, a seconda di cosa prevede il contratto o il piano aziendale.

Alcune aziende scelgono l’inizio dell’anno, altre periodi strategici. L’importante è informarsi presso l’ufficio risorse umane o consultare il regolamento interno o il CCNL applicato dal datore di lavoro.

30. Come viene pagato il welfare?

Il welfare non viene di solito “pagato” in denaro come lo stipendio. Piuttosto si ricevono voucher, crediti su una piattaforma dedicata, buoni acquisto o rimborsi per spese sostenute. Questi strumenti hanno spesso vantaggi fiscali e permettono di accedere a servizi specifici senza tasse aggiuntive.

Quindi, il welfare “paga” in benefici concreti, non in moneta.

Quando si parla di welfare in busta paga, spesso si tratta di un importo destinato a servizi o beni ed il lavoratore, destinatario di un bene o servizio, troverà in busta paga l’importo goduto ma che verrà indicato ai soli fini figurativi, senza impatto su netto in busta, su contribuzione o imposte.

Nei casi previsti dalla Legge, di importo documentato ed oggetto di rimborso invece, il lavoratore si vedrà rimborsata la somma spesa ed autorizzata nel primo cedolino utile dopo la sua richiesta.

Questo è l’unico caso di importo in busta paga che avrà un impatto, ma solo sul netto in busta senza gravare su contributi ed imposte.

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