Buoni pasto agli amministratori: opportunità, limiti e vantaggi fiscali

Quando si parla di fringe benefit convenienti sia per l’azienda che per i lavoratori, il buono pasto è di certo uno degli strumenti più efficaci e flessibili. Non tutti, però, sanno che questo beneficio può essere esteso anche agli amministratori, portando a una serie di vantaggi fiscali.

In questo articolo vedremo quando e come è possibile erogare i buoni pasto agli amministratori, quali sono i limiti imposti dalla normativa e come valutare la convenienza rispetto a un tipico aumento di compenso.

Sommario

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Amministratore professionista o dipendente? Le differenze di trattamento

Iniziamo subito col dire che la possibilità di erogare buoni pasto agli amministratori dipende dal tipo di collaborazione che lega questi ultimi all’azienda, la quale può essere di due tipi: tipica o professionale. La differenza sta nel fatto che, nel caso di una collaborazione tipica, l’amministratore percepisce una busta paga, mentre in quello di una collaborazione professionale emette fattura alla società.

Fatta questa doverosa premessa, è importante sapere che è possibile godere dei vantaggi fiscali e contributivi legati all’erogazione dei buoni pasto solo quando quando si è in presenza di una collaborazione tipica: in questo scenario, infatti, l’amministratore ha un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con l’azienda e percepisce un compenso assimilato al reddito da lavoro dipendente. Di conseguenza, i buoni pasto godono delle stesse agevolazioni fiscali previste per tutti i lavoratori dipendenti: un’esenzione fino a 4 € al giorno per i buoni cartacei, la quale sale a 8 € al giorno per quelli elettronici.

Al contrario, se l’amministratore ha stretto con l’azienda una collaborazione professionale a partita IVA, i buoni pasto vengono considerati parte del compenso, perdendo qualsiasi tipo di vantaggio fiscale o contributivo e concorrendo alla formazione del reddito imponibile come redditi da lavoro autonomo.

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I vantaggi fiscali per l’amministratore e l’azienda

Premesso che il costo sostenuto per l’acquisto dei buoni pasto è interamente deducibile e che l’IVA applicata è totalmente detraibile, la legge prevede che il beneficio debba essere concesso alla generalità dei lavoratori o, in alternativa, a categorie omogenee.

In ragione di questo, affinché gli amministratori possano configurare una categoria omogenea, è necessario che l’organo amministrativo sia composto da almeno due individui percipienti un compenso. Nel caso in cui questa configurazione non dovesse essere rispettata, l’importo dei buoni verrà considerato un vero e proprio compenso.

Inoltre, a titolo di maggior tutela, la normativa richiede che gli amministratori non siano gli unici a percepire i buoni pasto, ma che questo particolare benefit sia esteso anche ad altri lavoratori.

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Buoni pasto vs. aumento del compenso: cos’è più conveniente?

Immaginiamo, ora, di voler confrontare l’impatto sul costo aziendale dovuto all’erogazione di buoni pasto con quello, ad esempio, di un aumento del compenso netto del medesimo importo.

Per farlo, consideriamo la seguente situazione:

  • un amministratore percepisce un compenso mensile di 2.500 €, pari a 30.000 € l’anno
  • il costo aziendale del suddetto compenso è di 37.500 €
  • il compenso netto annuale è di 23.500 €

Erogando buoni pasto da 8 € per 264 giorni all’anno, nelle tasche dell’amministratore arriverebbero 2.112 €, e senza che questa operazione generi alcun costo aggiuntivo per l’azienda.

Se, invece, anziché i buoni pasto, concedessimo all’amministratore un aumento di compenso netto di 2.112 € l’anno, i valori cambierebbero in:

  • un compenso mensile di euro 2.833 €, pari a 34.000 € l’anno
  • un costo aziendale del compenso di 42.500 €
  • un compenso netto annuale di 25.600 €

Un aumento del compenso netto di 2.122 €, quindi, costerebbe all’azienda 5.000 € all’anno in più, rispetto alla concessione di buoni pasto del medesimo importo. Una differenza tutt’altro che trascurabile.

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Quanti buoni pasto è possibile erogare agli amministratori?

Considerato che, in presenza di una collaborazione professionale, il rapporto tra l’amministratore e la società non è soggetto ad alcun vincolo di natura temporale – niente giorni e/o orari di lavoro, per intenderci – calcolare quanti buoni pasto è possibile assegnargli non è immediato.

Tornando all’esempio precedente, in esso ho ipotizzato un totale di 264 buoni pasto all’anno, pari a 22 buoni pasto al mese per 12 mesi. Un stima, questa, che vuole riflettere un approccio prudente: nulla, infatti, vieta di assegnare i buoni pasto come se l’amministratore lavorasse per 365 giorni all’anno. Il problema è che, in caso di contenzioso, una scelta del genere potrebbe risultare piuttosto difficile da difendere.

Dato questo, il mio suggerimento è di stabilire una quantità di buoni pasto equilibrata e ragionevole, evitando eccessi e palesi esagerazioni.

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Buoni pasto ai membri del CdA e ai consiglieri: si può fare?

La risposta a questa domanda è : è possibile erogare i buoni pasto sia ai consiglieri che agli altri membri del Consiglio di Amministrazione.

Anche per questi soggetti, la condizione necessaria per godere dei vantaggi fiscali e contributivi legati al beneficio rimane quella di percepire un compenso per il ruolo ricoperto. Una specifica, questa, ribatita anche dall’AdE nella risposta all’interpello n. 522/2019.

In codesta occasione, l’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito che i benefit erogati agli amministratori che non percepiscono compenso devono essere assoggettati al regime di tassazione ordinario, in quanto rientrano a pieno titolo nel concetto di “compenso erogato in natura”.

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Chi deve acquistare i buoni pasto e quando vanno registrati nel LUL?

È compito dell’azienda acquistare i buoni pasto e consegnarli a mano, se in forma cartacea, ai soggetti beneficiari, oppure ricaricare l’apposita card elettronica con la somma dovuta.

Una volta acquistati e consegnati, l’azienda potrà dedurre l’importo fatturato dall’ente che ha emesso i buoni, nonché riportarlo, seppur a solo scopo informativo, nella busta paga del lavoratore beneficiario.

Considerando che chi percepisce un compenso non lo fa necessariamente con cadenza mensile, l’erogazione dei buoni pasto e la relativa registrazione dell’atto nel LUL (Libro Unico del Lavoro) può avvenire anche a consuntivo di più mensilità.

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Buoni pasto agli amministratori: un’opportunità da non sottovalutare

I buoni pasto rappresentano una forma di retribuzione “intelligente”, in quanto la loro erogazione consente di fruire di vantaggi fiscali, contenere i costi aziendali e aumentare il benessere lavorativo.

Affinché sia possibile sfruttare questa opportunità è importante:

  • considerare la tipologia di rapporto con l’amministratore;
  • impostare un documento che regoli l’erogazione dei benefit;
  • verificare il rispetto dei criteri di deducibilità e omogeneità.

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Insieme troveremo la soluzione più adatta alle tue esigenze, dandoti modo di risparmiare e migliorare il benessere nella tua impresa.

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