I contratti a tempo determinato sono veramente cambiati?

La novità più attesa da questo Decreto era senz’altro la riforma del decreto “dignità” con la riorganizzazione delle causali legate ai tempi determinati.

Possiamo definirla riforma con la R maiuscola? Direi di no, le problematiche restano e questa riforma non determinerà un aumento dell’utilizzo del contratto a termine, secondo me.

Ma veniamo al sodo, analizziamo cosa cambia sui contratti a tempo determinato.

Il Decreto mette mano alle causali che la normativa del 2015 aveva introdotto per i contratti a termine, modificando il Dlgs 81/2015 in materia di causali necessarie per arrivare ai 24 mesi di contratto a tempo determinato. Ora si potrà stipulare un contratto a termine nei seguenti casi:

  • Nei casi previsti dai CCNL
  • In assenza di previsione dei CCNL, di quanto previsto dai contratti individuali per esigenze tecniche, organizzative o produttive
  • Per sostituzione di altri lavoratori assenti

Sarà interessante capire come evolverà, inevitabilmente, la normativa in tal senso. Sicuramente i contratti nazionali recepiranno queste previsioni e le parti si attiveranno per disciplinare in modo chiaro le condizioni utili a stipulare contratti apponendo un termine lecito.

L’apposizione del termine resta ancora argomento delicato a causa dell’elevato rischio di conteziosi causati dalle limitazioni imposte dalla normativa che, a partire dal 2015, ha circoscritto drasticamente l’utilizzo generale dei contratti a termine.

I contratti a termine per sostituzione restano ancora quelli più “semplici” da utilizzare e che consigliamo perché sono oggettivi e privi di interpretazioni ma le altre causali restano rischiose da applicare.

Attendiamo la conversione del DL e l’evoluzione futura della Legge in tal senso.

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