Ogni giorno, parlando con imprenditori, amministratori e responsabili del personale, mi ritrovo a rispondere a domande che, seppur con sfumature diverse, hanno tutte lo stesso obiettivo: capire come alleggerire il costo del lavoro, che qui in Italia continua a essere decisamente importante.
“Esistono somme che posso mettere in busta paga senza aggravare il costo del lavoro?”, “I rimborsi chilometrici sono davvero esenti?”, “La trasferta vale anche per chi viene ogni giorno da un altro comune?”.
Questi alcuni dei quesiti più ricorrenti, ma la lista è assai più lunga.
In questo articolo, quindi, vorrei provare a fare un po’ di chiarezza, nella speranza che ciò che vedremo sia d’aiuto, in primis, a chi in azienda si occupa di amministrazione, gestione del personale o risorse umane.
Sommario
- Cosa costituisce reddito da lavoro e cosa no
- Quali voci possono essere esenti da imposte e contributi
- Come documentare correttamente rimborsi e indennità
- Rimborsi spese in nome e per conto dell’azienda
- Rimborsi chilometrici: come funzionano e quando sono esenti
- Le indennità di trasferta: analitiche, forfettarie e miste
- Aspetti pratici e consigli operativi
- Dalle buone pratiche ai vantaggi per l’azienda
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Cosa costituisce reddito da lavoro e cosa no
Partiamo dalle basi. Quando si parla di busta paga, è utile chiamarla con il suo nome tecnico: Libro Unico del Lavoro, o più semplicemente LUL. È lì che transitano tutte le voci economiche collegate al rapporto di lavoro. Alcune sono retributive e incidono sul costo aziendale. Altre, invece, no.
Fissata dai CCNL, la retribuzione è il punto di partenza. È su di essa, infatti, che vengono calcolate le mensilità aggiuntive, il valore delle ferie e dei permessi, le maggiorazioni orarie, il TFR e, ovviamente, i contributi e le imposte. Tutto ciò che ha natura retributiva, insomma, concorre a formare il reddito da lavoro e incide sul costo complessivo per l’azienda.
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Quali voci possono essere esenti da imposte e contributi
Come detto, esistono voci che, pur essendo inserite nel LUL, non hanno natura retributiva. Ciò significa che possono aumentare il netto in busta senza gravare su contributi INPS e IRPEF.
Nella pratica, queste voci non formano reddito, né per il lavoratore né per l’azienda, e non figurano nella Certificazione Unica sotto la voce “reddito complessivo”. Attenzione, però: per poter godere di questa esenzione, è necessario seguire alcune precise regole.
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Come documentare correttamente rimborsi e indennità
Qui entra in gioco un principio fondamentale: tutto ciò che si dichiara esente va documentato con precisione.
Non è raro vedere aziende usare in modo eccessivo (e disinvolto) rimborsi e trasferte come strumento per ridurre il costo del lavoro. Ma quando arrivano i controlli, l’assenza di giustificativi può trasformare quei vantaggi in un boomerang fatto di sanzioni, contributi non versati e, nei casi più gravi, contestazioni per evasione.
Per questo, ribadisco sempre l’importanza di mantenere traccia di ogni somma erogata come esente, con documenti firmati, approvazioni preventive e rendicontazioni puntuali. È l’unico modo per tutelarsi.
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Rimborsi spese in nome e per conto dell’azienda
Capita spesso che un lavoratore, per necessità operative, anticipi una spesa nell’interesse dell’azienda. Pensiamo all’acquisto urgente di materiale da ufficio o a un biglietto ferroviario per una trasferta.
In questi casi, il rimborso che riceve non costituisce reddito. È semplicemente la restituzione di una somma spesa per conto del datore di lavoro. L’unica condizione è che l’acquisto sia effettivamente aziendale: se riguarda un bene o servizio di utilità personale, allora cambia tutto e il rimborso diventa reddito imponibile.
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Rimborsi chilometrici: come funzionano e quando sono esenti
I rimborsi chilometrici meritano un approfondimento a parte. Si tratta di compensi erogati quando il lavoratore utilizza il proprio mezzo privato per svolgere attività per conto l’azienda fuori dal comune in cui si trova la sede di lavoro abituale.
Immaginiamo, ad esempio, che un dipendente debba consegnare un prodotto a un cliente, percorrendo 100 km all’andata e 100 al ritorno. In questo caso, è possibile calcolare un’indennità in base ai chilometri percorsi, utilizzando le tabelle ACI. Se il valore è di 0,35 €/km, il rimborso sarà di 70 euro: somma netta, non tassata e non soggetta a contributi.
Ovviamente, anche in questo caso bisogna produrre la necessaria documentazione: richiesta del datore del lavoro, comunicazione del tipo di mezzo e autorizzazione aziendale all’utilizzo dello stesso.
Attenzione: il tragitto casa-lavoro, anche se tra comuni diversi, non giustifica il rimborso chilometrico. La residenza fuori dal comune non è, infatti, sufficiente a qualificare lo spostamento come trasferta.
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Le indennità di trasferta: analitiche, forfettarie e miste
Come già detto e ripetuto più volte, quando un lavoratore si sposta temporaneamente per svolgere attività lavorative in un comune diverso da quello in cui si trova la sede di lavoro abituale, si parla di trasferta.
Le modalità di rimborso possono essere tre:
- Analitica: si rimborsano tutte le spese sostenute (vitto, alloggio, trasporto), con giustificativi;
- Forfettaria: si riconosce un importo fisso giornaliero (fino a 46,48 € per l’Italia, 77,46 € all’estero), indipendentemente dalle spese;
- Mista: una combinazione delle due precedenti, con rimborsi analitici per alcune voci e una quota forfettaria per altre.
La condizione essenziale, però, resta sempre la stessa: ci deve essere una variazione temporanea della sede di lavoro. Senza questo presupposto, l’eventuale indennità verrà classificata come reddito imponibile.
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Aspetti pratici e consigli operativi
Per gestire al meglio queste voci esenti, è buona prassi definire un processo chiaro e condiviso. Ecco cosa consiglio ai miei clienti:
- Autorizzazione preventiva: un modulo annuale che documenta l’uso del mezzo privato e il valore ACI di riferimento;
- Rendicontazione mensile: un file con i dettagli dei chilometri percorsi o delle trasferte effettuate;
- Approvazione aziendale: la conferma formale che consente l’erogazione dei rimborsi in busta paga.
Tutto questo, ovviamente, va affiancato dal supporto del proprio consulente del lavoro. È un piccolo investimento, ma evita rischi enormi.
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Dalle buone pratiche ai vantaggi per l’azienda
Usare correttamente le voci esenti è una strategia intelligente, non un trucco. Quando un lavoratore utilizza la propria auto per motivi aziendali, è giusto che venga rimborsato senza che quella somma venga trattata come reddito. Lo stesso vale per le trasferte: comportando spese e disagi reali, riconoscerle nel modo corretto è un atto di equità.
A differenza dei fringe e flexible benefits, queste voci esenti sono tra le più attenzionate durante i controlli. Ecco perché è fondamentale gestirle con attenzione, trasparenza e documentazione alla mano.
Se desideri approfondire questi temi o progettare un piano di welfare su misura per la tua azienda, prenota una consulenza gratuita con me o un altro dei miei collaboratori. Saremo felici di rispondere alle tue domande.
CEO di NOI Srl e consulente del lavoro. Porto il welfare nelle aziende e creo contenuti digitali per chi desidera ottenere risultati attraverso il benessere lavorativo.