Definire correttamente il compenso dell’amministratore è fondamentale per l’economia di un’azienda, in quanto i contributi previdenziali che gravano sullo stesso possono diminuire l’efficienza fiscale dell’impresa.
Sono molti gli imprenditori che si domandano se stanno effettivamente ottimizzando questa voce di spesa o se, al contrario, stanno sostenendo costi eccessivi riducibili attraverso una sana e corretta pianificazione.
In questo articolo, vedremo come verificare il carico contributivo applicato sui compensi degli amministratori e, soprattutto, come implementare strategie di welfare aziendale che possano tradursi in un concreto vantaggio economico sia per l’azienda che per il beneficiario.
Sommario
- Il problema del carico contributivo
- Strategie efficaci per ottimizzare i costi
- Come determinare correttamente il carico contributivo
- L’impatto del cuneo fiscale sul compenso dell’amministratore
- Come strutturare un piano welfare efficace
- Hai bisogno di supporto? Scegli NOI!
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Il problema del carico contributivo
In qualità di consulente nella gestione del personale specializzato in welfare aziendale, mi capita spesso di incontrare casi di incongruenza nella gestione dei compensi agli amministratori. Casi in cui, a fronte di un maggior costo per l’azienda, non corrisponde alcun vantaggio tangibile.
Il nodo centrale della questione riguarda i contributi INPS applicati ai compensi lordi erogati agli amministratori: una parte significativa viene trattenuta a carico del collaboratore, mentre la restante porzione grava direttamente sulle finanze aziendali. Questa ripartizione, se non gestita con attenzione, può determinare un aggravio economico ingiustificato, il quale impatta negativamente sia sulla liquidità aziendale che sul netto percepito dall’amministratore.
La mancata ottimizzazione del carico contributivo rappresenta uno degli errori più comuni nella strutturazione del compenso dell’amministratore. In molti casi, questo si traduce in versamenti contributivi eccessivi che incrementano il costo aziendale senza generare benefici proporzionali in termini di tutele previdenziali. Un’attenta analisi della posizione contributiva dell’amministratore può rivelare opportunità di risparmio significative, specialmente quando si considerano le differenti aliquote applicabili in base alla situazione previdenziale del soggetto.
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Strategie efficaci per ottimizzare i costi
1. Verifica dell’aliquota contributiva applicata
Il primo passo nell’ottimizzazione del compenso dell’amministratore consiste nell’effettuare una verifica dell’aliquota INPS applicata. Questo processo richiede un’attenta analisi della busta paga e una valutazione complessiva della posizione previdenziale dell’amministratore. Per procedere con questa verifica, è necessario esaminare dettagliatamente l’ammontare dei contributi INPS trattenuti mensilmente e confrontarli con quanto previsto dalla normativa vigente in relazione alla specifica situazione del percettore.
La procedura di verifica può variare in base al formato del prospetto paga che si sta esaminando. In alcuni casi, l’aliquota contributiva viene esplicitamente indicata nel documento (generalmente 8% o 11,68% a carico del collaboratore), rendendo immediata la verifica. In altri casi, invece, sarà necessario calcolare l’incidenza percentuale dei contributi rispetto al compenso lordo, effettuando una semplice proporzione matematica tra l’ammontare INPS trattenuto e il valore lordo della retribuzione. Questa analisi preliminare fornisce un dato essenziale per valutare l’adeguatezza del carico contributivo applicato e identificare eventuali aree di ottimizzazione.
È importante sottolineare che questa verifica non rappresenta una mera formalità amministrativa, ma costituisce un passaggio strategico per individuare potenziali risparmi. In numerosi casi, infatti, ho riscontrato che le aziende applicano aliquote contributive non corrispondenti alla reale situazione previdenziale dell’amministratore, determinando un aggravio di costi evitabile attraverso una corretta classificazione della posizione contributiva.
2. Adozione del welfare come alternativa al denaro
La seconda strategia, particolarmente efficace per l’ottimizzazione del compenso dell’amministratore, consiste nell’implementazione di un piano di welfare aziendale strutturato. Questa soluzione permette di sostituire parte della retribuzione monetaria con l’erogazione di benefici e servizi che godono di un trattamento fiscale e contributivo agevolato. L’approccio welfare rappresenta una risposta concreta al problema del cuneo fiscale, consentendo di massimizzare il valore percepito dall’amministratore e, contemporaneamente, ridurre il costo complessivo sostenuto dall’azienda.
Il welfare aziendale offre un’ampia gamma di possibilità: dall’assistenza sanitaria integrativa ai contributi per l’istruzione dei familiari, dai servizi di previdenza complementare ai fringe benefit, fino ai buoni acquisto e alle convenzioni con strutture ricreative o commerciali. Ciascuna di queste opzioni può essere calibrata in base alle specifiche esigenze dell’amministratore, creando un pacchetto retributivo personalizzato che ottimizza il rapporto tra costo aziendale e beneficio percepito.
La strutturazione di un piano welfare efficace richiede una conoscenza approfondita della normativa fiscale e contributiva, nonché una valutazione accurata delle preferenze e delle necessità del beneficiario. Un approccio strategico al welfare aziendale può trasformare significativamente l’efficienza del compenso dell’amministratore, riducendo l’impatto del carico contributivo senza diminuire il valore complessivo della remunerazione.
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Come determinare correttamente il carico contributivo
La corretta determinazione del carico contributivo rappresenta il fulcro di qualsiasi strategia di ottimizzazione del compenso dell’amministratore. Per stabilire con precisione l’aliquota contributiva applicabile, è necessario porsi una domanda fondamentale: il percettore del compenso possiede già una copertura previdenziale obbligatoria derivante da altre attività o fonti di reddito?
Questa domanda è cruciale, poiché la legislazione previdenziale prevede aliquote contributive differenziate in base alla presenza o meno di altre forme di contribuzione obbligatoria. Per rispondere correttamente, è necessario analizzare la posizione lavorativa complessiva dell’amministratore, verificando se sussistono condizioni che determinano già un’iscrizione ad un regime previdenziale obbligatorio.
Tra le situazioni più comuni che determinano la presenza di una copertura previdenziale obbligatoria possiamo annoverare:
- un rapporto di lavoro dipendente, a tempo pieno o parziale, presso la stessa società o presso altre organizzazioni
- l’iscrizione alla gestione autonoma commercianti o artigiani INPS in qualità di socio lavoratore della società
- l’appartenenza ad albi professionali con cassa previdenziale autonoma (come avvocati, commercialisti, ingegneri, ecc.)
- la titolarità di pensioni dirette erogate da enti previdenziali nazionali
- altre forme di previdenza obbligatoria previste dalla normativa vigente
L’analisi della posizione individuale dell’amministratore consente di determinare con precisione se le tutele previdenziali per tale soggetto sono già coperte attraverso altri canali contributivi, elemento determinante per l’applicazione dell’aliquota corretta.
Scenario 1: amministratore con copertura previdenziale obbligatoria
Nel caso in cui l’amministratore disponga già di una copertura previdenziale obbligatoria derivante da altre attività o posizioni, la normativa previdenziale prevede l’applicazione di una aliquota contributiva agevolata sul compenso percepito per l’attività di amministrazione. In questo scenario, il carico contributivo complessivo ammonta al 24% del compenso lordo, ripartito nelle seguenti proporzioni:
- 8% a carico del collaboratore/amministratore (corrispondente a 1/3 del totale)
- 16% a carico dell’azienda (corrispondente a 2/3 del totale)
Questa aliquota ridotta riflette il principio secondo cui, essendo l’amministratore già tutelato da un sistema previdenziale obbligatorio, la contribuzione sulla sua attività di amministrazione assume un carattere complementare e non principale ai fini della costruzione della sua posizione previdenziale complessiva.
Scenario 2: amministratore privo di altra copertura previdenziale obbligatoria
Diversamente, qualora l’amministratore non disponga di altre forme di copertura previdenziale obbligatoria, il compenso erogato per l’attività di amministrazione costituirà la sua principale fonte di contribuzione previdenziale. In tale circostanza, la normativa prevede l’applicazione di una aliquota contributiva piena, significativamente più elevata rispetto al caso precedente. Il carico contributivo complessivo, in questo scenario, ammonta al 35,04% del compenso lordo, suddiviso come segue:
- 11,68% a carico del collaboratore/amministratore (pari a 1/3 del totale)
- 23,36% a carico dell’azienda (pari a 2/3 del totale)
La differenza tra i due scenari risulta particolarmente significativa, attestandosi intorno all’11% del compenso lordo. Questa variazione rappresenta un impatto economico considerevole sia per l’azienda che per l’amministratore, sottolineando l’importanza di una corretta classificazione della posizione contributiva.
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L’impatto del cuneo fiscale sul compenso dell’amministratore
Il divario esistente tra il compenso netto effettivamente percepito dall’amministratore e il costo complessivo sostenuto dall’azienda per erogare tale compenso costituisce il cosiddetto “cuneo fiscale”. Questo differenziale, determinato dalla somma delle imposte e dei contributi previdenziali e assistenziali, rappresenta una componente significativa nel calcolo dell’efficienza economica del compenso dell’amministratore.
In termini pratici, il cuneo fiscale si traduce in una sostanziale riduzione del potere d’acquisto dell’amministratore rispetto al costo aziendale sostenuto. Per comprendere la portata di questo fenomeno, basti pensare che, in alcuni casi, il valore netto percepito può rappresentare meno del 50% del costo complessivo sostenuto dall’azienda. Questa inefficienza sistemica, se non adeguatamente gestita, determina un significativo spreco di risorse economiche, le quali potrebbero essere impiegate in modo più produttivo, sia dal punto di vista aziendale che da quello del beneficiario.
Il welfare aziendale emerge in questo contesto come soluzione strategica per ottimizzare il compenso dell’amministratore, agendo direttamente sul problema del cuneo fiscale. Attraverso l’implementazione di un piano welfare personalizzato, è possibile erogare parte della remunerazione sotto forma di benefit che godono di un trattamento fiscale e contributivo agevolato, riducendo significativamente il differenziale tra costo aziendale e valore percepito.
I vantaggi del welfare nell’ottimizzazione del compenso amministratore
Un piano welfare ben strutturato consente di ottenere molteplici benefici nell’ambito dell’ottimizzazione del compenso dell’amministratore:
- Riduzione del carico contributivo: l’erogazione di benefit in natura o servizi welfare al posto di una componente del compenso monetario permette di abbattere o eliminare completamente il carico contributivo su tale porzione di remunerazione, riducendo il costo aziendale complessivo;
- Maggiore efficienza fiscale: le soluzioni di welfare aziendale godono generalmente di un trattamento fiscale agevolato, consentendo di massimizzare il valore netto percepito dall’amministratore rispetto a un compenso equivalente erogato in forma monetaria;
- Personalizzazione del pacchetto remunerativo: il welfare aziendale offre la possibilità di calibrare la composizione del compenso in base alle specifiche esigenze dell’amministratore, creando un pacchetto di benefit su misura che risponde efficacemente alle sue necessità personali e familiari;
- Valorizzazione del compenso percepito: l’erogazione di servizi a elevato valore percepito (come assistenza sanitaria, previdenza complementare, servizi per i familiari) può incrementare significativamente la soddisfazione dell’amministratore rispetto a un equivalente compenso monetario, creando un vantaggio reciproco per l’azienda e per il beneficiario;
- Sostenibilità economica: l’ottimizzazione del rapporto tra costo aziendale e beneficio percepito consente di implementare una politica retributiva sostenibile nel lungo periodo, garantendo un adeguato livello di compenso per l’amministratore senza gravare eccessivamente sulla struttura dei costi aziendali.
La conversione di una parte del compenso monetario in servizi welfare rappresenta, quindi, una strategia win-win, che consente di valorizzare la remunerazione dell’amministratore riducendo contemporaneamente l’impatto economico complessivo per l’azienda.
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Come strutturare un piano welfare efficace
L’ottimizzazione del compenso dell’amministratore rappresenta un’opportunità concreta per incrementare l’efficienza economica aziendale. Una gestione strategica del carico contributivo e l’implementazione di soluzioni welfare possono tradursi in vantaggi significativi sia per l’azienda che per l’amministratore.
La corretta determinazione dell’aliquota contributiva, basata su un’attenta valutazione della posizione previdenziale dell’amministratore, è il primo passo fondamentale. La differenza di circa 11 punti percentuali tra l’aliquota agevolata e quella piena rappresenta un margine di ottimizzazione significativo.
In sintesi, una gestione efficace del compenso dell’amministratore richiede:
- Un’analisi approfondita della posizione contributiva individuale
- Una verifica periodica dell’adeguatezza del carico contributivo applicato
- La valutazione delle opportunità offerte dal welfare aziendale
- La progettazione di un piano welfare personalizzato
- Un’adeguata formalizzazione e gestione amministrativa
Con questo approccio strategico, il compenso dell’amministratore diventa uno strumento di creazione di valore, ottimizzando le risorse aziendali e migliorando il benessere del beneficiario.
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CEO di NOI Srl e consulente del lavoro. Porto il welfare nelle aziende e creo contenuti digitali per chi desidera ottenere risultati attraverso il benessere lavorativo.